Tavolozza, pennelli, stecca e lapis

Ci siamo chiesti quale potesse essere, fra tanti possibili, il logo più adatto a queste pagine. Abbiamo scelto la sua firma, simbolicamente compendio e sintesi d’un percorso di vita. E ci piace tuttavia penetrare quel mondo anche attraverso gli strumenti di lavoro, i pennelli o i tubetti di colore, il das o la colla, a colmarci del suo vissuto che ci catapulta sull’uomo in prima istanza, attraverso le  gamme di tonalità che vediamo sulle pitture ma anche con la creta ancora bagnata e quelle mani incredibilmente veloci nel plasmare la materia.
Tavolozza

Non possiamo non aggiungere però idealmente, tra mille altri strumenti, una stecca ed un lapis come simboli che utilizzò per modellare la creta o per fare uno schizzo o scrivere una poesia. Le stecche spesso se le costruiva anche con fil di ferro – “calligrafie spaziali”- o per dirla con Kahnweiler, “sculture passanti” . E le matite erano spezzate…

E dunque l’essenzialità del tratto sul foglio o del pollice sulla creta si mischia qui ai colori in un incantesimo che, come rugiada, scende nelle scure notti stellate e si percepisce solo al mattino, in un nuovo giorno, quando è lui che ci manca e quei colori, tutti, tornano sui sentieri del mondo.

i figli Giovanni, Gemma ed Egidio

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