Il lungo viaggio di S.Incorpora verso la vita

di Luigi Mormino

Come ricorda un famoso etnologo, in alcune regioni di Sicilia, l’anima, prima di incontrare il suo ultimo destino e la sua definitiva collocazione nell’Aldilà, deve affrontare il “viaggio di Galizia” e quindi percorrere parte della via Lattea, il famoso “viottolo di S.Giacomo”. Il Sant’uomo sarà guida e protettore fra le spade taglienti che infestano la celeste strada. La pover’anima compirà nuda e a piedi scalzi il lungo pellegrinaggio. Il sudore, quello freddo a velo, che coprirà il corpo del penitente è l’ultima lacrima umana per le gravi ferite ai piedi, prodotte dall’affilata linea delle lame. Nessuno sfugge a quest’ultima sofferenza. A meno che lo spaventoso viaggio in Galizia non sia invece percorso in vita, alla mezzanotte del 24 al 25 luglio con pane e vino.

Noi di Salvatore Incorpora uomo, sappiamo solo quanto il suo pudore ha lasciato trasparire del tormentato passato quando poco più che ventenne vive con dolore e dignità gli anni di guerra traversando campi di battaglia e di concentramento, fino alla fine del conflitto che lo vede liberato ed in prima linea con l’Armata rossa. Siamo comunque certi che lui il suo “viaggio in Galizia” ed il suo “viottolo di S.Giacomo” li ha percorsi allora, forse addirittura senza pane e senza vino.

E messa a posto l’ansia per l’eternità, il giovane Incorpora ritorna a carezzare la materia per riprendere i gesti dell’infanzia che mamma Gemma (di nome suo Murizzi, dei quali Rocco, suo padre, scolpiva il legno) con lui ripeteva modellando crete. Vive e insegna per coprire l'”infinito vuoto, l’infinito niente” che l’Ecclesiaste ricorda cercando di dimenticare “quanto vale tanto penare d’uomo sotto il sole?”.

Cosciente che “quanto è stato sarà e quel che si è fatto si farà ancora” scende sempre di più nelle profondità degli abissi del cuore umano con mano sapiente e forte. L’uomo essendo ( a immagine di Dio) il principio e la fine di tutte le cose, Incorpora decide di “scoprirlo” fin dal suo primo apparire nel mondo – la nascita – e di seguirlo senza mai abbandonarlo lungo l’aspro “viottolo di S.Giacomo” del quale conosce i limiti, atrocità e incanti.

“All’inizio era il verbo” ed il verbo è PRAESEPIUM, recinto chiuso, origine e fine, trionfo o contenitore di vita e di morte, essenza della tragedia umana.

Dalle calde lezioni di famiglia l’artista ritiene il senso aspro della materia e nulla concede al lezioso del classico Arnolfo di Cambio o degli Alamanno inventori nei secoli dei presepi per ricchi e prelati. Nè accetta totalmente il barocco ed il post-barocco decorativo del sei e settecento napoletano.

Col sangue che ancora copre le sue mani ed i suoi piedi feriti, fulmina i personaggi del presepe (“tutti gli esseri umani si immobilizzarono al momento della nascita” dice il Protovangelo di Giacomo 18,2) affollando gli spazi di dolorose comparse che nulla hanno perso delle corte torsioni del legno, con in più una scivolosa dolcezza che la creta detta al suo magico pollice. I suoi presepi “poveri” vivono e respirano la gioia del mondo, ma annunciano con essa il funesto destino di questo biondo Messia nato a Betlemme.

E i trentatre anni del cammino di luce dell’uomo di Nazareth non si fermano con la sua crocifissione. L’uomo continua la via crucis da duemila anni. Il dolore che “come l’acqua di un lago trepida e ci circonda(x)” è il leit-motiv che Incorpora ripete e affina usando supporti sempre diversi che sono sculture, pitture e parola. Senza alcun disprezzo ma, al contrario, con una coerente e insistita carità cristiana.

Oggi che l’artista ha superato i cinquant’anni di mestiere continua con voce ferma a chiamare la vita. E la vita gli risponde. La mostra al Parlamento Europeo ha un valore di simbolo per l’artista. Le strade d’Europa che ha percorso, in armi e fra le armi, confluiscono da cinquant’anni tutte nel crocevia della pace, Strasburgo.

E Incorpora c’è, con le sue testimonianze di fede.